
Quando il carnefice avverte che la sua preda sta per sfuggirgli.
Oggi per l’appuntamento settimanale con Una di Meno, parliamo di Filomena Lamberti.
Filomena è vittima di un femminicidio che non le ha tolto definitivamente la vita ma che l’ha uccisa in gran parte. Filomena è stata privata della sua bellezza, della sua immagine estetica, della sua femminile bellezza. Per questo motivo voglio parlare di lei.
Quando ho conosciuto Filomena ad un convegno ho provato un senso di impotenza inspiegabile, ho pensato a come fosse possibile fare tanto male alla donna che hai sposato, alla madre dei tuoi figli, ad una persona che si fida ciecamente di te. I suoi occhi sono l’unica cosa che continua a brillare e a sperare, con la sua anima gentile, mentre il viso ed il corpo hanno subito la trasformazione provocata dal meschino attacco del marito che la colpì con L’acido mentre dormiva.
Nel caso di Filomena , come in tanti altri, è stata sottovalutata la pericolosità sociale dell’uomo che, in più occasioni, ha dato segnali di ciò che stava architettando.
Un uomo che bastona sua moglie è sicuramente un fenomeno altamente preoccupante. Il problema di fondo è che quando ci si reca in caserma per denunciare episodi analoghi, si pensa sempre che siano litigi familiari di poco conto. Un sessismo difficile da contrastare, dove la donna, al momento della denuncia , non viene quasi mai presa sul serio. Si tende piuttosto a minimizzare e a mettere a tacere il tutto.
Ci chiediamo quante tragedie sarebbero state arginate se in ciascun posto ci fosse stata una figura professionale in grado di andare a fondo di ciò che viene riportato dalle vittime. Filomena aveva deciso di vivere , di allontanarsi da una vita isolata e mortificante , rinchiusa tra quattro mura e sotto le vessazioni di un marito padrone.
A questo campanello d’allarme, a questa voglia di libertà di Filomena, quando inizia a truccarsi, ad usare il web ed i social e a pensare con la propria testa, il marito decide immediatamente di fermarla. Un pensiero androcentrico e sessista che nella maggior parte dei casi porta l’uomo al femminicidio. Il problema è culturale oltre che istituzionale.
Nel libro “Un’altra vita” c’è la storia di Filomena che consiglio vivamente di leggere, sia al pubblico femminile che maschile, perché oltre ad essere una testimonianza reale e tangibile di una donna coraggiosa che si è salvata per fortuna dalla morte, è anche un monito ed un esempio insostituibile di come si può effettivamente riprendere la vita in mano dopo che le è stata distrutta per sempre. In Filomena la sua anima è più forte dell’involucro esterno. Il suo assassino non è riuscito a fermare la sua voglia di vivere, la sua voglia di essere libera, di essere donna e di avere una seconda possibilità nonostante tutto. L’emergere della sua autonomia femminile ha vinto di gran lunga sulla crudeltà del patriarcato violento. L’aggressione con l’acido, subita da Filomena sul viso e sul corpo, è la conclusione di un crescendo di violenza fisiche e psicologiche perpetrate nel tempo dal compagno. Per questo resta importante e fondamentale nella lotta a questo fenomeno, riconoscere subito i primi segnali e mettere fine a rapporti malati e pensare che potrebbe capitare a ciascuna di noi.

