Karl Valentin e il cabaret tedesco

Karl Valentin, icona del cabaret tedesco, si esibiva nei fumosi Lachkeller. In questi locali, impiegati, casalinghe e commercianti si mescolavano ad artisti come Bertolt Brecht e Hermann Hesse. Con la sua comicità surreale e pungente, Valentin anticipava il teatro dell’assurdo. I suoi personaggi erano figure comuni: orchestrali, impiegati e fotografi coinvolti in situazioni paradossali. Libero de Martino ha scelto di riportare in vita Karl Valentin in “Tingel contro Tangel”.

Il concetto di “Tingeltangel”

Il termine “Tingeltangel” indicava i locali di varietà economici diffusi in Germania nel XIX secolo. Qui si alternavano spettacoli di musica, danza e comicità.

L’arte di Valentin univa l’ironia alla denuncia sociale. Nei suoi spettacoli, gli attori diventavano clown musicali, combinando recitazione, canto e danza.

Lo spettacolo in Italia

In Italia, “Tingel contro Tangel” ha avuto diverse rappresentazioni. Recentemente, la Sala Teatro FAZIOPENTHEATER ha ospitato una versione curata da Libero De Martino. Tra gli interpreti, Donatella Faraone Mennella e Francesco Rivieccio.

La pièce omaggia Valentin, mescolando il cabaret con il teatro dell’assurdo. Influenze del teatro italiano e campano arricchiscono la rappresentazione, raccontando anche la storia d’amore tra Valentin e sua moglie.

Un teatro con valore sociale

Dopo ogni rappresentazione di “Tingel contro Tangel”, il pubblico può confrontarsi con gli attori per approfondire le tematiche trattate.

Con una durata di 65 minuti e richieste tecniche minime, “Tingel contro Tangel” è uno spettacolo comico per tutte le età. Attraverso l’umorismo e l’assurdo, il pubblico è invitato a riflettere sulle contraddizioni della società e sull’importanza della risata come strumento di resistenza.

Il teatro di Karl Valentin era un teatro estremamente particolare, ma aveva una caratteristica, lui si esibiva nelle cosiddette “cantine delle risate”. Queste birrerie buie e fumose vengono citate anche all’inizio del riadattamento di Libero de Martino. In questi locali si iniziò a diffondere la corrente artistica dell’esistenzialismo.

Stando ad una concezione esistenzialista, l’artista doveva soffrire e stare male. Karl Valentin, invece, faceva ridere, si divertiva e andava un po’ contro questa moda del momento. Per questa ragione, Valentin era estremamente popolare e ai suoi spettacoli assistevano: camerieri, governanti, stiratrici, bottegai, tranvieri; ma anche veri intellettuali come Polgar, Tuchačevskij, Herman Hesse, gente che fa venire i brividi solo a nominarli.

Karl Valentin e Bertol Brecht

Un ragazzino tutte le sere prendeva il treno da Augsburg a Munchen per andare a vedere Karl Valentin, perché era innamorato del suo teatro. Questo giovane giunse al punto tale di decidere di farsi avanti una sera e proporsi per lavorare con lui. Karl Valentin gli fece un provino, ma ritenne che non avesse talento per stare in scena. Valentin gli propose di imparare a suonare uno strumento musicale. Il giovane imparò a suonare il clarinetto e per la prima volta salì sul palcoscenico… Quel ragazzo era Bertol Brecht. Il genio, il teatro immenso di Brecht, nacque suonando al fianco di Karl Valentin.

Brecht nel riadattamento di Libero de Martino viene citato attraverso le scritte, perché è stato uno dei primi ad utilizzare i titoli delle scene per ottenere un effetto di straniamento e poi ad utilizzare la tecnica delle proiezioni. È stato il primo a portare il teatro al cinema, prima che il cinema si prendesse il teatro.

Libero, perché hai scelto di riportare in scena proprio un’opera di Karl Valentin?

“La scelta dell’autore è dovuta a un gusto prettamente personale, io amo molto sia le avanguardie del secolo, sia il teatro tedesco, quindi Karl Valentin. Quello che abbiamo cercato di fare in Tingel contro Tangel è di mettere insieme diversi testi di Karl Valentin. Questi sketch trattano di argomenti vari e sono stati unificati per raccontare una sola storia. Al di là del gusto, del proprio bagaglio culturale, ecc., la necessità di fare teatro è sempre riferita all’esigenza di raccontare qualcosa. In questo caso lo scopo è quello di raccontare la storia di amore di due personaggi improbabili come Tingel e Tangel.

Perché il teatro nel teatro?

Donatella: “Teatro nel teatro perché propone tante situazioni tratte dalla vita reale ed è vicino un po’ a tutti. Voler rappresentare un piccolo mondo all’interno di qualcosa di più grande è sempre qualcosa per avvicinare a tutto il pubblico più svariato che ci sia”.

Sappiamo come il teatro possa essere nel cinema, ma grazie alle scritte luminose e alle proiezioni in “Tingel contro Tangel” abbiamo visto come il cinema possa essere nel teatro. Le proiezioni sono state anche molto significative, come quella della Seconda Guerra Mondiale alla fine dello spettacolo. Cosa potete raccontarci a riguardo?

Libero: “Ciò nasce dalla necessità di voler ricordare Brecht che è stato un allievo di Karl Valentin. Karl Valentin ha messo sulle tavole del palcoscenico per la prima volta a Bertol Brecht. È stato Brecht che ha esplorato per la prima volta la possibilità di utilizzare le proiezioni nel teatro. L’artista constatò che fosse uno strumento potente per realizzare quell’effetto di straniamento che lui ha sempre cercato. Per Brecht e anche per noi in questo caso è importante far sì che il pubblico non si immedesimi nelle scene che osserva. Lo scopo è che gli spettatori guardino dall’esterno per poter conservare un occhio critico. Secondo Brecht, infatti, l’immedesimazione blocca la possibilità di avere un giudizio critico. Poiché Brecht attraverso il teatro voleva diffondere un messaggio politico, istruire il pubblico, aveva bisogno di uno strumento potente. Gli strumenti sono due: la maschera che però reputava antica e le proiezioni, leggendo delle scritte o vedendo le scene come se fossero un documentario, il pubblico va ad elaborare un pensiero critico e si tiene lontano da ciò che il personaggio prova in quel momento.

Gli innesti utilizzati in “Tingel contro Tangel”: Totò, Titina De Filippo, sono stati elaborati perché…

Libero de Martino e i suoi collaboratori si sono accorti che Karl Valentin, almeno in Germania, nella sua lingua, nella cultura che lo ha espresso e che lo conosce, è il rappresentante, perché scriveva e recitava per sé stesso. Era impossibile entrare in quei tempi comici, in quella verve, in quei giochi di parole, in quei no sense, in quella estrema logica che ti porta a diventare illogico.

È un grande percorso logico quello che ti porta a dire: “Avevamo due biglietti, però un momento con due biglietti ci fate vedere un solo spettacolo. Perché?” sembra una conseguenza logica, ma porta all’assurdo.

Karl Valentin è stato un precursore dei vari Ionesco, Genet, di tutto il teatro dell’assurdo e della crudeltà che è venuto dopo.

Gli agganci con Totò, Titina De Filippo, sono stati utilizzati perché de Martino e i suoi colleghi hanno ritenuto che questi interpreti siano ugualmente irrappresentabili come Karl Valentin. Va ascritto a questo filone anche il modo di cantare di Claudio Villa.

Questi sketch di Karl Valentin sono stati unificati per rappresentare una storia d’amore tra i due protagonisti che ha una sua evoluzione e una sua fine che coincide con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l’invasione della Polonia, i campi di concentramento, ecc.

Karl Valentin si incupisce a questo punto della storia, perde un po’ la voglia di stare tra la gente, ma non la voglia di stare in teatro. La sera, dopo lo spettacolo, si attardava in camerino perché non voleva incontrare il pubblico e soprattutto non voleva vedere il mondo fuori dal teatro che stava cambiando davanti ai propri occhi. Una sera dimenticano Karl Valentin in teatro, spengono i riscaldamenti e la mattina dopo lo trovano morto di freddo. Una morte terribile, ma anche la più bella che potesse desiderare perché è rimasto per sempre nel suo mondo, nel suo teatro.

Perché ricordare questi nomi all’interno del vostro inscenamento, ne avreste aggiunti di altri o li aggiungerete?

Francesco Rivieccio: “Perché, come mi ha detto Libero quando ho iniziato a fare questo spettacolo. Siccome Valentin è abbastanza difficile da rappresentare, lui ha cercato di trovare degli spunti da questi autori che sono autori molto più vicini alla nostra tradizione, a personaggi che abitualmente mastichiamo. È per questo che ci sono questi omaggi durante lo spettacolo a Titina De Filippo, a Totò, ciò mi ha aiutato molto ad avvicinarmi a Valentin perché il suo teatro è molto lontano al mio solito repertorio.

Penso che si potrebbe aggiungere Massimo Troisi, perché come Titina De Filippo e Totò è veramente irrappresentabile. La sua figura di attore e interprete è così forte che chiunque prova solo a leggere una sua battuta, immediatamente il pubblico pensa a come la faceva Troisi. Anche nel modo di vestire per esempio, ho visto delle foto di Karl Valentin che aveva una maglietta nera e delle calzamaglie nere molto strette che è molto simile al costume che aveva Troisi all’inizio della sua carriera nella Smorfia. Tutti avevano costumi molto appariscenti, invece Troisi era l’unico che aveva questa base tutta nera che è la stessa di Valentin. Forse Troisi un giorno potremmo inserirlo”.

Quali sono stati i riferimenti di interpretazione dei due attori per lavorare in “Tingel contro Tangel”?

I riferimenti per Donatella Mennella

Donatella: “Lavoro da tanto con Libero, lui non dà delle indicazioni precise, cerca di fare in modo che siamo noi ad arrivare a ciò che desidera. Lui ci porta al suo risultato, ma non dà un riferimento preciso. Per quel che mi riguarda, io ho cercato in personaggi che avevo incontrato nel cinema e nel mio vissuto personale. Una moglie che chiede in continuazione aiuto al marito, anche quando non è necessario, per il solo gusto di farsi aiutare.

È stato anche interessante fare presso le scuole superiori, il gioco della memoria, ciò che i ragazzi trovavano come fil rouge all’interno di questa storia, quindi davano delle proprie interpretazioni a queste due persone che si sono incontrate, ognuno dava una propria interpretazione diversa e ciò ci ha dato modo di trovare man mano nuovi riferimenti. Ogni volta che lo spettacolo è stato inscenato, è cresciuto ed è cambiato gradualmente, anche molto rispetto alla prima versione in cui non c’era Francesco. Nel momento in cui è entrato in scena Francesco è cambiato lo spettacolo, un po’ perché ci troviamo bene a recitare insieme, un po’ perché (chi lo ha già visto in scena ne è consapevole) lui è bravissimo. C’è quindi un nostro modo di arricchire i personaggi, come i personaggi arricchiscono anche noi, chiaramente…”

I riferimenti per Francesco Rivieccio in “Tingel contro Tangel”

Francesco: “Io più che utilizzare riferimenti, mi sono completamente affidato a Libero e a Donatella per il semplice motivo che è un tipo di repertorio molto lontano a quello che sono abituato a fare. Già l’idea che Libero aveva avuto di associare gli sketch di Valentin a degli autori e degli attori della nostra tradizione, mi aveva un attimo rincuorato nel pensare che potessi provarci.

Forse il punto di riferimento in questo caso è veramente Libero, ma per il semplice fatto che lui nei suoi spettacoli riesce a mettere l’attore in condizione di dare il meglio che ha anche senza accorgersene. Io non ho mai fatto clowneria o questo genere di cose, ma la musica che sceglie Libero porta alla realizzazione di un processo quasi naturale. Ci sono dei dettagli che aiutano l’attore. Purtroppo, tutto ciò non accade spesso, talvolta io stesso mi trovo ad interpretare spettacoli in cui la musica e i dettagli lasciano ben poco. Libero invece fornisce all’attore dei veri e propri strumenti con cui poter lavorare”.

Non avete pensato di introdurre anche Edoardo nei riferimenti?

Libero: “Prima di essere un grandissimo attore, Edoardo è riuscito ad essere uno straordinario drammaturgo, quindi il teatro che ci ha lasciato si può allontanare dalle sue interpretazioni. Stiamo vedendo alcuni tentativi più felici, altri meno, di allontanare il teatro dalla drammaturgia di Edoardo De Filippo, quindi l’attore dal drammaturgo. È un’operazione corretta, è giusto farlo, a volte riesce felicemente, altre è un po’ discutibile. Si riesce a tenere distinti i due piani, oltre ad essere stato uno straordinario attore e capocomico, Edoardo non scriveva per sé stesso, ma per la compagnia e quindi lui scriveva avendo presenti tutti gli attori a cui doveva dare da mangiare, come la moglie, il figlio e il genero. Attori straordinari come Gennarino Palumbo.

Era un po’ fuori contesto citare Edoardo, mentre invece ci riusciva più facile con Peppino, Titina, Totò, ma anche Claudio Villa. Claudio Villa è stato un interprete straordinario, ha fatto la storia della musica leggera italiana e la sua canzone che abbiamo utilizzato, sembra scritta per questo spettacolo. La marcia un po’ militare di Claudio Villa. Ci sarebbe piaciuto anche inserire Russel, ci stiamo pensando. Ci sono anche riferimenti alla musica gitana e zingara, abbiamo fatto questa scelta perché spesso ricordiamo gli ebrei, ma dimentichiamo gli zingari, gli omosessuali, i malati mentali che hanno subito la stessa sorte nei campi di sterminio nazisti durante questa grande follia. Per legge chi aveva i capelli rossi non aveva diritto di andare a scuola o lavorare”.

Al termine di “Tingel contro Tangel” vengono riportati in scena tutti gli oggetti che vengono gettati per terra…

Nel pubblico ognuno ci ha visto qualcosa di diverso: “Qualcuno ha pensato che sia stato utilizzato questo escamotage per indicare che lo spettacolo è finito; altri hanno ritenuto fosse un tentativo di fuga; altri ancora lo hanno interpretato come uno sgombero, buttare in strada tutto per vedere cosa può essere razziato. Tutti gli oggetti utilizzati (a parte i Pickelhaube che sono fintissimi perché o li prendevamo carnevaleschi o li facevamo noi, non avendo la possibilità economica di averli) sono tutti veri e quindi in grado di raccontare una storia, perché l’hanno vissuta. Anche le bottiglie dei medicinali sono vere. Quindi li facciamo uscire di nuovo a raccontare una storia. Questo è il senso”.

Si potrebbe dire che “Tingel contro Tangel” sia rappresentato in un unico atto, ma diviso in tanti piccoli atti, perché di volta in volta portate degli oggetti in scena, ma dinanzi al pubblico. Invece quando lo spettacolo è diviso in vari atti viene chiuso il sipario. C’è qualcosa di voluto in questa scelta e soprattutto perché una rappresentazione del genere?

Donatella: “Beh, in effetti perché sono tanti sketch che nascono divisi l’uno dall’altro, quindi sono chiusi in sé stessi, hanno un inizio, uno svolgimento e una fine. Il nostro intento è però stato anche quello di creare, leggere una storia, quindi unificare questi sketch in modo particolare per creare un’unica narrazione, basata sull’amore e sull’incontro di due persone che poi si svolge in una cornice più grande, quella della guerra che entra in ogni scena in qualche modo, anche se nominata molto distante, con una frase o con il rumore dei bombardamenti mentre si scrive una lettera”.

 Essendo l’epoca nazista non era facile conciliare questo genere teatrale con il contesto storico, invece all’interno di “Tingel contro Tangel” è avvenuta anche questo tipo di contestualizzazione grazie agli spezzoni di filmati proiettati al termine della rappresentazione. Cosa potete dirci in merito a questo riferimento?

Donatella: “Ci sembrava doveroso, un po’ come fanno tante persone, non tantissime, quanto dovrebbero, ma non dimenticare. Bisogna sempre dare una memoria di quello che è successo, oltre a quelle piccole tracce, darne una chiara, netta e purtroppo drammatica. Anche il video che abbiamo mandato è molto forte, ma è la realtà dei fatti e non bisogna dimenticarlo”.

Libero: “Poi apriamo una via di uscita quando diciamo «coltivate l’umorismo», quindi la capacità di ridere di sé stessi, il non prendersi troppo sul serio. La storia comincia a prendere delle pieghe complesse quando l’uomo comincia a credere troppo in sé stesso, avvicinandosi in un certo senso alla dittatura. Anche perché, se penso che il mio pensiero sia troppo forte, tendo ad escludere quello degli altri e credo così tanto in me stesso che non metto ironia, satira. I primi a soffrirne sono proprio gli artisti, perché spesso gli viene negata la libertà di esprimersi”.

Quest’anno il FAZIOPENTHEATER ha una targa ricordo, che Francesco Rivieccio aveva già ricevuto nel corso di uno spettacolo precedente in cui aveva omaggiato Nino Taranto. Intitolato “Trame di Palcoscenico Omaggio in versi, prosa e musica per Nino Taranto” che Francesco porta in giro nei luoghi e negli eventi più disparati, quali battesimi e comunioni, oltre che nei teatri con Lucio De Filippis, da ben 8 anni. Per quanto concerne “Tingel contro Tangel”, come giusto che sia, la targa è stata consegnata al regista Libero de Martino.

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